Il cibo è un aspetto fondamentale della cultura italiana ed è quanto mai evidente in Emilia-Romagna. Credit: Chang Duong / Unsplash

Il cibo in Emilia-Romagna: un viaggio nel gusto

Scopri una delle tradizioni culinarie più famose d'Italia

by Shandana A. Durrani

L’aria era frizzante ma limpida a fine febbraio, con un sentore di legna ed erba. Ampie distese di campi fertili, pronti a maturare per la primavera, si estendevano fin dove arrivava il mio sguardo. Ero appena giunta in treno* in Emilia-Romagna, la regione sinonimo di gastronomia in Italia.

In this place many of the dishes appreciated all over the world were born, destined to become iconic. While I was walking quietly through the streets of Parma , Reggio Emilia and Modena , I immediately realized that there was something different here: food is not just something to fill your belly with. No, it also nourishes the soul. Pair this approach with a proud and passionate people and you have a recipe for culinary excellence, which you will rarely find elsewhere.

“[L’Emilia-Romagna] è speciale per la presenza dei fiumi Enza e Stirone, per l’aria, per le montagne. Tutto arriva a valle, si addentra nel bosco, nei fiori e negli animali”, dice lo chef Alessandro Zoppi, originario di questa regione.

L’Emilia-Romagna è la patria del prosciutto di Parma, del parmigiano, dell’aceto balsamico, del ragù alla bolognese e dei tortellini in brodo. Potresti pensare di aver già assaggiato tutto questo ma, fin quando non visiti l’Emilia-Romagna, non puoi dire di averlo fatto per davvero. Mangiare in questa regione ti farà apprezzare l’impegno, l’abilità e la passione che racchiudono tutti questi prodotti tradizionali.

Bologna

Tutto inizia a Parma. Situata a soli 50 minuti di treno da Bologna, capoluogo di provincia, Parma è stata un importante centro di scambi commerciali sin dalla colonizzazione dei Romani, nel II secolo a.C. Bombardata dalle forze alleate durante la seconda guerra mondiale, la città si è poi ripresa ed è oggi una delle tappe più visitate nei tour gastronomici della regione, grazie ai suoi prodotti tradizionali, di cui il prosciutto di Parma è sicuramente l’attrazione principale.

Per fare il prosciutto, le cosce di maiale vengono stagionate all’aria per almeno 12 mesi, il che conferisce alla carne un sapore dolce e delicato grazie al territorio caratteristico della regione, di cui parlava Zoppi. Servito crudo – da cui il termine crudo – i parmensi lo gustano come antipasto o spuntino. Il Consorzio del Prosciutto di Parma – gruppo consociato nel 1963 per stabilire standard rigorosi per la produzione del prosciutto – approva tutti i prosciutti che hanno la denominazione Parma. Così, puoi essere sicuro di acquistare un prosciutto originale. 

Il cibo in Emilia-Romagna: un viaggio nel gusto
La Prosciutteria è una delle macellerie più frequentate di Parma.
Credit: Shandana A. Durrani

Quasi ogni strada della città vanta una macelleria che offre una grande varietà di tagli di carne. Seguo il flusso costante di gente che si reca a La Prosciutteria su Luigi Carlo Farini. Vino e carne di maiale sono esposti su quasi ogni bancone e parete, mentre garretti di prosciutto pendono dal soffitto come sentinelle a sorvegliare. I clienti prendono un numero, aspettano il loro turno. Max Bandini, che parla correntemente francese e italiano, mi serve sottili fette di prosciutto, secondo la mia richiesta.

Una volta acquistato il “souvenir” di prosciutto per una mia collega, mi preparo ad assaporare la cucina locale. Mi dirigo dunque a La Filoma, storico ristorante fondato nel 1915, gestito dal già citato Zoppi. Lampadari che pendono dal soffitto e specchi in rilievo dorato decorona la sala da pranzo. Zoppi, vestito con cappello da cuoco e grembiule adornato da coccinelle, prepara la pasta fatta a mano, secondo ricette di famiglia. Il socievole chef mi accoglie nella sua cucina dove lo guardo tagliare delicatamente il prosciutto e chiudere i tortellini. Il risultato è un piatto di tortellini al dente ricoperto da una leggera spolverata di parmigiano, un modo ideale per me per concludere la serata.

Brucio qualche caloria tornando alla stazione dei treni. Dopo 10 minuti sono a Reggio Emilia, patria del Parmigiano Reggiano. Reggio Emilia potrebbe non essere sorprendente e audace come Parma, ma ha un sapore tutto suo. Fondata nello stesso periodo di Parma, Reggio, come la chiamano gli abitanti, ha attraversato secoli di sconvolgimenti prima di diventare parte dell’Italia unita nel 1861. Oggi, la città è un sontuoso mix di edifici barocchi e capolavori moderni, come la Domus Technica.

Il Parmigiano Reggiano è uno dei formaggi italiani più apprezzati nel mondo e per una buona ragione: è il condimento perfetto per un’ampia varietà di piatti. Durante il Medioevo, i monaci benedettini e cistercensi inventarono il formaggio utilizzando il sale delle vicine miniere e il latte delle mucche al pascolo nelle fattorie di proprietà della chiesa. Il risultato? Forme di formaggio duro e secco, invecchiato un anno o più, che non necessitano refrigerazione. Durante il Rinascimento, le dimensioni delle forme di formaggio aumentarono a 18 kg, in base ad una richiesta crescente. Il Duca di Parma Ranuccio I Farnese è stato il primo a riconoscere ufficialmente il formaggio nel 1612 e, dal 1998, il Consorzio del Formaggio Parmigiano-Reggiano – un’organizzazione senza scopo di lucro con sede in Via John F.Kennedy – regola la vendita e la distribuzione del formaggio, etichettato con una Denominazione di Origine Protetta (DOP).

A differenza delle versioni pungenti che si trovano nella maggior parte dei supermercati di massa, il vero parmigiano è a grana fine, friabile e cremoso, con un aroma fragrante e un sapore delicato. Più è stagionato, più ricco è il sapore. Un chilo di parmigiano equivale a un litro di latte. L’ideale per chi deve rafforzare le ossa.  

“Le persone a Reggio sono forti e lavorano sodo. Penso che sia perché ci viene dato il formaggio da quando siamo bambini”, dice Sara Jebablia, cameriera e barista de I Fratellini, un accogliente caffè e wine bar in via San Carlo. Alla domanda se Reggio sia davvero la patria del formaggio, Jebablia risponde: “Il parmigiano di Parma non è quello vero. Questo è il luogo di nascita del vero parmigiano”.

Torno in stazione per proseguire il mio viaggio verso un gioiello del Rinascimento: Modena. La città esisteva già in epoca pre romana, ma fu solo con la battaglia di Modena del 43 a.C., quando Bruto si rifugiò all’interno delle porte della città dopo aver ucciso Cesare, che la città comparve finalmente sulle mappe. Nell’XI secolo, Modena divenne Repubblica e fiorì nell’ambito della Lega Lombarda. I duchi di Ferrara, nel XVI secolo, ne fecero una città di cultura; mettendo in prima linea anche la tradizione culinaria.

Delle epoche passate, rimangono molte tracce, tra cui il Duomo di Modena del XII secolo, noto anche come “Il libro di pietra”, che domina la piazza della città. Ma è la secolare tradizione dell’aceto balsamico ad attirare 30.000 visitatori all’anno. Non sto parlando della varietà industriale e acquosa che si trova nel nel negozio sotto casa e che viene spesso mescolata con aceto di vino e caramello per farla sembrare un vero balsamico. No. Il vero balsamico è denso, sciropposo ed è succo d’uva invecchiato al 100%.

Il cibo in Emilia-Romagna: un viaggio nel gusto
La culla del parmigiano reggiano, Reggio Emilia, è una tappa obbligatoria per un tour gastronomico dell’Emilia-Romagna. Credit: Shutterstock

Il patrimonio balsamico di Modena risale all’XI secolo, quando gli aristocratici locali regalavano piccole bottiglie di aceto balsamico ai loro eredi o lo aggiungevano alle doti per attirare migliori pretendenti per le loro figlie. Le élite furono le uniche ad avere accesso a questo delizioso condimento fino al XVIII secolo, quando divenne un bene comune in casa. I produttori, il nome di alcuni dei quali è ancora esistente, si moltiplicarono in città e il balsamico divenne famoso in tutto il mondo dopo la seconda guerra mondiale.

Mentre altre città ne rivendicano la paternità, è solo a Modena che puoi trovare la varietà pura del balsamico.

“L’aceto balsamico tradizionale può essere prodotto solo a Modena o nelle zone limitrofe perché le uve provengono dal nostro territorio”, afferma Patrizia Martignoni, titolare di un negozio locale. “Il clima qui è perfetto. A Bologna non è la stessa cosa”.

Balsamic Vinegar of Modena is protected and can only be produced with grapes from the Lambrusco, Sangiovese and Trebbiano vines. These rich red grapes are boiled, then aged in oak, juniper, ash, chestnut or cherry barrels, which impart different flavors and levels of acidity (juniper offers higher acidity, for example). Each barrel has a minimum aging of 12 years, some up to 50. The final liquid is bottled in small glass bottles made by Giorgetto Giugiaro, the famous Maserati car designer.

Bologna

Il balsamico è così venerato dagli intenditori di cibo e di vino in tutto il mondo, che i concorsi e le degustazioni annuali sono davvero copiosi. Un luogo che offre degustazioni gratuite tutto l’anno e vanta 25 diversi piccoli produttori è La Consorteria 1966 in piazza Giuseppe Mazzini, gestita dal già citato Martignoni. Per un’appassionata di balsamico come me, è un angolo di paradiso, dove si può provare un balsamico unico, che non si trova da nessun’altra parte, nemmeno a Modena. C’è la varietà dolce preparata da un ottuagenario locale e una torta al ginepro realizzata da una famiglia più giovane. La scelta è così copiosa, che sono pazza di gioia. 

Sebbene sia accettato anche l’uso come riduzione dei piatti di carne, la maggior parte delle persone del posto preferisce usare il balsamico per condire le fragole, i pomodori o il gelato. Più l’aceto è invecchiato, più è dolce, quindi i dessert sono serviti con un balsamico più “giovane”. Mi concedo il lusso di un aceto proveniente dall’Acetaia Valeri, invecchiato di 25 anni, con un colore marrone scuro e sentori di cioccolato. Offre un’acidità equilibrata, che lo rende perfetto per la mia amata caprese.

Mentre torno a casa con i miei souvenir, parto soddisfatta, grazie a questa incursione di gusto in Emilia-Romagna.